C’è gente che ritiene che i principi del metodo scientifico siano opinabili: opinabili anche durante una cena in pizzeria da parte di gente che di mestiere fa tutt’altro.
Strano: io non ho mai contestato il regolamento di San Remo o la struttura del Codice penale, né penso che lo farei, non avendo gli strumenti per permettermelo.
Eppure sulla scienza tutti hanno qualcosa da dire del tipo: al giorno d’oggi non puoi fidarti di nessuno, gli scienziati sono sempre un po’ presuntuosi, la scienza non può spiegare tutto, che male vi fanno gli scienziati non ufficiali, tutta ‘sta ricerca e non abbiamo ancora sconfitto il cancro e così via. Fino a una frase molto precisa, che è il tema della lezione di oggi: se parti con l’idea che chi dice cose fuori dal coro sia un ciarlatano, non troverai mai il prossimo Einstein!
A parte che non sta ai giornalisti, trovare il prossimo Einstein, nemmeno se sono laureati in fisica, forse è utile ricordare che Einstein diventò Einstein dopo aver pubblicato un articolo scientifico, di quelli standard scritti per la comunità scientifica, con il quale si guadagnò il Nobel. Non faceva esperimenti in garage ed è stato persino professore universitario.
Tutti i grandi scienziati dell’evo moderno si sono confrontati con gli altri scienziati: magari hanno dovuto scontrarsi duramente con le idee del tempo, magari ci è voluto un po’, ma hanno sempre accettato le regole. La differenza è questa: uno scienziato accetta le regole. Un ciarlatano (vedi lezione uno e due) no.
Però la domanda è legittima. Che cosa succede se uno ha risultati del tutto diversi da quelli che la scienza ha trovato fino a oggi, e li propone al resto della comunità?
Stavolta lascio la parola a uno scienziato vero: lui si chiama Ezio Puppin, è professore di fisica al Politecnico di Milano ed è presidente del Cnism, Consorzio nazionale interuniversitario per le scienze fisiche della materia, al quale afferiscono 1300 ricercatori universitari. Ecco che cosa mi scrive:
“Scienza significa scoprire cose nuove.
Siccome sono nuove, bisogna essere sicuri di quello che viene detto e, dopo vari tentativi durati millenni, alla fine si è concluso che l’unica soluzione è quella di mettere tutti quanti in condizione di verificarle in modo indipendente.
Nel caso in cui le verifiche siano negative si aprono due scenari possibili.
1) Il più frequente: lo scienziato A dice di avere visto qualcosa di nuovo, ma B scopre che in realtà c’è stato uno sbaglio. B spiega la cosa ad A, che magari ci mette un po’ a convincersi, ma alla fine deve ammettere che l’errore c’è stato. E tutti amici come prima. Esempio: i neutrini più veloci della luce.
2) Lo scienziato A non molla anche dopo che tutti quanti gli hanno spiegato che ha fatto degli errori e che quello che sostiene di aver visto lo vede solo lui.
Due sottoscenari del caso 2:
2a) A continua fino a che corregge gli errori e ripropone i suoi risultati in una forma che consente di verificarne la correttezza. Con qualche fatica il bene trionfa, e anche qui tutti amici.
Esempio: i quasicristalli che, al momento della scoperta, vennero irrisi da molti. Schechtman andò avanti a pubblicarli (su Physical Review Letter, coè su una rivista scientifica standard, non sul suo sito internet o durante una trasmissione televisiva) fino a che tutti dovettero riconoscere che aveva ragione lui.
In questo caso, riconosciamo che A ha ragione, bravo A, e gli diamo anche il Nobel (per la chimica). Ma A si è mosso dentro le regole accettate dalla collettività.
2b) A continua per la sua strada ma non convince nessuno: i suoi risultati rimangono affermazioni non verificate da altri.
A questo punto si può innescare il rigetto di A nei confronti della comunità scientifica: che sia in buona o cattiva fede, A comincia a parlare di persecuzione nei suoi confronti. Qui le possibilità sono infinite perché intorno a questa parola si possono coalizzare personaggi di ogni risma:
scienziati falliti o folgorati da idee bislacche (come Brian Josephson, premio Nobel per la fisica che dopo le sue scoperte fatte a 22 anni si dedicò alle comunicazioni con l’aldilà),
non-scienziati ma santoni con pretese trascendentali (fondamentalisti religiosi, ufologi, alternativi antisistema di ogni colore… quasi sempre a caccia di soldi),
personaggi noti più che per le competenze scientifiche per le vicende giudiziarie (Andrea Rossi, quello dell’e-cat e della fusione fredda),
politici del tutto incompetenti ma assolutamente spregiudicati (Francesco Storace e il suo sostegno alla terapia Di Bella: questo l’ho aggiunto io, ndr),
incroci dei tipi precedentemente elencati variamente assortiti (la storia dell’energia pulita da piezonucleare, anche questa l’ho aggiunta io, ndr). E così via.”
Chiaro, no? Il caso più bello è il 2a, ma è anche il più raro.
Il caso più frequente è l’1, ma non finisce quasi mai sui giornali perché è la normale dialettica della scienza.
Il caso 2b è quello su cui si misura la professionalità del giornalista e la capacità di una società di difendersi dai disonesti.
En passant, vi ricordo che la salute, per la Costituzione e non per un mio vezzo, è diritto del cittadino ma anche interesse della collettività: per cui sta allo Stato difendere i più deboli (e anche i più ingenui) dalle minacce di santoni e ciarlatani di vario stampo. Dire a gran voce politici: date soldi a questo qua che in garage ha trovato la cura per tutte le malattie! è una cosa un po’ più grave di una temporanea leggerezza.
La lezione di oggi si chiude con una frase di un altro fisico, un altro premio Nobel come Einstein, uno che ha cambiato la scienza e la nostra vita da una normale cattedra universitaria: Il difficile è cercare di immaginare qualcosa che a nessuno è mai venuto in mente, che sia in accordo in ogni dettaglio con quanto già si conosce, ma che sia diverso. E che sia inoltre ben definito, e non una vaga affermazione.