Tipi umani da giornalista scientifica / 5: lo Scienziato Che Vuole Rileggere & brother

Lo Scienziato Che Vuole Rileggere (SCVR) (si intende l’intervista o l’articolo coi suoi virgolettati) ha un fratello radiofonico che si chiama Scienziato Che Vuole Sapere Le Domande Prima (SCVSLDP). Di cognome fanno Scienziati Che Non Si Fidano (SCNSF) e spesso non riesci nemmeno a pensare che abbiano tutti i torti. Molto spesso sono scienziati scrupolosi, sensati, generosamente disponibili, e spesso, scientificamente parlando, sono i migliori sulla piazza.
Ma se fai il giornalista scientifico possono configurarsi entrambi come una Iattura Cosmica e spesso finisci per non chiamarli più. Che peccato.

Il primo, lo SCVR, è perniciosissimo. In genere è quello con cui fai una bellissima e lunghissima (lunghissima) chiacchierata telefonica. Ti fa capire un sacco di cose e quasi ti rammarichi di poterne scrivere solo il 10%. Vorresti essere il suo ghost, in certi momenti della telefonata (lunghissima). Anche quando la telefonata (lunghissima) si fa decisamente troppo lunga (lunghissima), stai lì a prendere appunti e ti rallegri come uno scolaretto tutte le volte che ti dice esatto, hai capito, bella domanda, proprio così
Il telefono bolle, hai l’orecchio viola, e tu resisti pensando: fatta questa, chiudo, trascrivo due cose, scrivo e mando in redazione, e sarà un bellissimo pezzo.
Ma ti sbagli di brutto, sai?
Un po’ per riconoscenza un po’ convinto della grande fiducia reciproca, accetti di mandargli l’intervista. Per i successivi due giorni non riceverai segni di vita. Poi arriverà una mail intrisa di profonda delusione, con correzioni infinite (grazie, eh, ma non te l’avevo detto, SCVR, che dovevo scrivere 4000 battute spazi inclusi?!), critiche stilistiche discutibili (sostituirei quell’afferma con asserisce. … e scriverei… segue frase sgrammaticata in stile verbale dei carabinieri), e se va proprio male minacce in tipico stile SCVR, tra cui quella di non farti pubblicare il pezzo.
E allora hai voglia a dirgli che il pezzo lo firmi tu, che sarà il caporedattore a decidere se pubblicarlo o meno, che lui ha accettato l’intervista e che non hai scritto niente di diverso da quello che vi siete detti, che insomma tu fai il giornalista e non ci si può aspettare che non faccia certe domande su chi ci ha messo i soldi o su dove vanno a finire i rifiuti o su quello scandaletto di qualche anno fa. Hai voglia a rassicurarlo e ad assecondarlo fino alla nausea.
Sembra quasi che stia per piangere. Ma, accidenti, se avesse incontrato un altro giornalista, uno che è capitato a scrivere di scienza per caso, uno dei tanti che conosci con un tempo di concentrazione inferiore al nanosecondo, uno di quelli che non usano congiuntivi e condizionali, un giornalista non scientifico, insomma, che cosa avrebbe fatto?
In fondo, il SCVR fa tenerezza: non è abituato a stare al mondo, ha visto solo microscopi e camici bianchi. E soprattutto non ha capito che quando esce dal suo laboratorio è un lettore di giornali anche lui e ha bisogno di articoli scritti come li scrivi tu. Non come li scriverebbe (condizionale) lui.

Lo SCVSLDP è un po’ palloso. In genere, solo un po’. Gli mandi due righe via mail, che poi servono anche a te, e chiuso lì. Ma a volte (in fase di Iattura Cosmica) di righe ne vuole diciotto. Poi risponde, censura una domanda (il più bello è di oggi: la 6 è una domanda inutilmente polemica, come se io di mestiere facessi il maggiordomo), suggerisce temi tra i meno radiofonici dell’universo, invia meghi su meghi di materiale da leggere (e poi ti interroga al telefono per vedere se hai capito). E tutto con cinque giorni di anticipo sull’intervista, quando tu hai (cinque per due uguale) dieci altre interviste da disegnare. Interviste che lui ascolterà beato senza immaginare che tu le hai imbastite in mezz’ora netta, comprese le telefonate all’ufficio stampa.

Che palle. E accidenti. I fratelli SCNSF difficilmente li chiamerai di nuovo per intervistarli. Tu ci avrai perso due referenti importanti per quegli ambiti di ricerca (ma ci avrai guadagnato diverse ore di vita). Loro avranno perso l’occasione di raccontare i propri studi. E soprattutto avranno perso l’occasione di riflettere sul semplice fatto che ognuno fa il suo mestiere.
Insieme avrete fatto, quasi certamente, un lavoro mediocre e sofferto. A lui resterà la granitica certezza che coi giornalisti non ci si debba parlare. E a te la sensazione di aver parlato con un tizio un po’ ottuso, prepotente e tendenzialmente ignorantello.
La sensazione, eh. Solo la sensazione.
Poi passa la sensazione e rimane un certo avvilimento. E c’è sempre un bravo collega che ti dà una pacca sulla spalla e ti dice coraggio, in Italia gli scienziati non hanno proprio un’idea di come si comunichi e perché… E fanno tutti, o quasi, così.
(Non è vero, non è vero. Questa è una categoria perniciosissima ma non tanto diffusa, lo giuro. Gli scienziati italiani stanno migliorando, ecco. Vanno solo un po’ incoraggiati, vero?).

9 pensieri su “Tipi umani da giornalista scientifica / 5: lo Scienziato Che Vuole Rileggere & brother

  1. E in quale prestigiosa scuola di giornalismo scientifico insegnano che il plurale di “mega” è “meghi”?
    LOL! 😀

    (ci ho messo tipo 30 secondi per capire di che diavolo si stava parlando…)

  2. ma perchè a domanda non spedisci il CV? Col CV dovresti essere in grado di raccontare che tu fai la giornalista e non l’imbonitrice, la venditrice di scandali o la maggiordoma.

  3. Davvero esistono scienziati così?!?! Mi sembra che esagerino un filino.. Penso che lo scienziato abbia il dovere di correggere errori o imprecisioni relative alla scienza.. Ma che addirittura si metta a correggere lo stile e la grammatica mi pare proprio assurdo!

    Comunque credo che una delle cose che più fanno arrabbiare gli scienziati siano i titoli degli articoli, spesso sono volutamente pompati.. Ma tante volte non sono neanche scelti dagli autori vero?

  4. Moreno, a volte la presunzione del sapere supera il sapere stesso (mi è venuta adesso non è un pensiero di Jim Morrison..e voi direte: se sente, se sente!). Comunque scherzi a parte non è raro che un’esperto di una materia per non sembrare da meno in altri contesti, faccia l’esperto anche in altre materie che non gli competono; lo scienziato che corregge la grammatica a una giornalista è il minimo della presunzione. C’è molto di peggio..guarda un po’ la Gelmini qualche giorno fa con il tunnel dei neutrini..Cmq secondo me lo scienziato in questione ha voluto fare l’esperto perché sei una bella ragazza 😉

  5. Moreno, esistono esistono. Silvia esagera per amore di battuta, ma capitano anche questi. A me meno spesso, perché mando loro solo i pezzi in cui ci sono le loro dichiarazioni (registrate), ma in altri momenti è successo. E li si escludono.
    A proposito Silvia, ho letto la cronaca della manifestazione. Sei sprecata a fare solo la giornalista scientifica.

  6. Io non so a che categoria appartengo (visto che per le mie cose non mi chiama mai nessuno 🙂 mentre per le meringhe e il cioccolato o gli ogm sì! 😛 ) comunque vorrei spezzare una lancia per il suddetto tipo umano. Le parole nella scienza hanno un significato preciso, e troppo spesso i giornalisti “generici” le cambiano “perchè suona meglio”. Se io ti dico “significativo”, e lo uso in senso tecnico, tu mi fai il favore di lasciarlo, e di non trasformarlo in “importante” o altre cose così che a te giornalista-che-non-mastichi-il-linguaggio-scientifico non sembrano poi così fondamentali (ovviamente non mi riferisco alla sbenci 🙂 )

    Nella fase di editing del mio libro ho speso molto tempo a ri-correggere le correzioni che erano state fatte dall’editor perchè a volte cambiare un aggettivo o un sostantivo cambia il senso tecnico della frase.
    Ho anche dovuto spiegare che diidrogeno, anche se cacofonico con due i di seguito, NON si poteva scrivere con una i sola 😐
    Quindi capisco quelli che, non sapendo bene che tipo di giornalista si trovano al telefono, vogliono rileggere quello che lui “sintetizzerà” mettendoci le virgolette!

    1. oh, ma tu hai ragione. e anch’io spesso chiedo di rileggere: ci sono temi su cui potrei fare errori marchiani, altri che sono effettivamente delicati, alcuni coinvolgono cose e persone in modo particolare.
      ma lo SCVR è una cosa diversa: non chiede semplicemente di rileggere (che è legittimo) pretende di correggere. in fondo, è un tipo un po’ presuntuoso e molto diffidente, che non conosce niente di comunicazione e spesso maneggia poco anche l’italiano scritto, per cui ritiene che la rilettura sia un suo diritto (e non una cortesia reciproca che ci possiamo fare, tra GS e scienziato) e mette le mani sul pezzo come se lo scrivesse lui. come se tu fossi davvero il suo ghostwriter.
      ma se tu lì sei nei panni di giornalista che scrive per la testata x, tu rispondi al caporedattore, alla tua etica e a quattro o cinque regolette che maneggi da anni, ma che allo SCVR sembrano insensate, assurde, e dunque da ignorare beatamente. è faticoso, quello lì. e poi si fa malmostoso.
      e io malmostosi e permalosi non li sopporto proprio.

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